23 novembre 2005

Contributi integrativi fitti. Legge 431/1998

Sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania del 21 novembre scorso è stata pubblicata la delibera per il riparto fra i comuni del fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione per l'anno 2003 (i contributi integrativi ai fitti previsti dalla legge 431 del 1998).
Il finanziamento statale è stato integrato con fondi regionali e ammonta complessivamente a euro 38.798.346,57.
Il riparto per i comuni della valle dell'Irno risulta essere il seguente:
Mercato S. Severino euro 100.746,35
Baronissi euro 75.922,79
Pellezzano euro 43.158,19
Fisciano euro 26.667,70
Calvanico euro 9.679,75
I Comuni dovranno pubblicare appositi bandi entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione di assegnazione dei fondi e gli interessati potranno inoltrare domanda entro i 30 giorni successivi.
Per saperne di più ci si può collegare a questa pagina del sito della Regione Campania.

15 novembre 2005

Nemo propheta in patria

Non solo ville romane o conventi secolari. Non solo dipinti di artisti di valore. La storia di Fisciano è ricca anche di un artigianato che ha fatto la storia delle nostre contrade. Oggi ricordiamo due maestri, Milziade Nastri e Giovanni de Caro, le cui opere, nell'Ottocento e nel primo Novecento, godettero di meritata fama ben oltre i nostri confini. Alcune di esse sono oggi conservate nel museo degli Orologi da torre in San Marco dei Cavoti (BN). Si tratta di una raccolta unica nel suo genere in Italia, che è nata dalla cura del maestro artigiano Salvatore Ricci, e che ho avuto modo di visitare qualche domenica fa. Negli occhi di noi, compagni di viaggio, traspariva la commozione e l'orgoglio di vedere riconosciuto e apprezzato il lavoro di nostri concittadini. Che tristezza, però, pensare che per rivivere le nostre glorie passate si debbano percorrere più di cento chilometri.


















07 novembre 2005

Dei Cappuccini e d'altro

Del Convento dei padri Cappuccini "Santa Maria del Monte" in Penta avevo scritto sul periodico "Rinascita della Valle" nel lontano 1994. Parlavo anche d'altro e mi sono chiesto se era il caso di ripubblicare l'articolo integralmente. Ho optato per il sì, visto che da allora poco è cambiato, qualcosa in meglio (San Sossio, qualche anno fa, con alcuni lavori della Comunità montana), qualcosa in peggio. Ho lasciato tale e quale anche la conclusione che forse può sembrare un po' "forte". Del resto lo scritto è una testimonianza di quegli anni e come tale va lasciato intatto.

Passeggiate fiscianesi

di DIEGO LANDI

Estratto da "LA RINASCITA DELLA VALLE" Anno II - N° 7 - Luglio 1994

La mole squadrata del Convento, di un bel colore rosato, si staglia sul­l'azzurro del cielo e sul verde dei monti che la coronano. Da un lato la chiesa semplice e austera, all'intemo il chiostro dalle forme regolari e so­lenni sul quale si affaccia il loggiato dalle bianche arcate che dà accesso alle umili celle. Gli affreschi del Ricciardi commentano con genuina vena poetica i momenti salienti della vita religiosa che per oltre tre secoli si è svolta in queste mura.
E' questo di Santa Maria del Mon­te l'unico convento dei Cappuccini esistente nella Valle dell'lrno. Costi­tuivano costoro la terza famiglia reli­giosa del primo ordine francescano, sorta nel 1525 per iniziativa di Matteo da Bascio con l'intento di recuperare la più autentica tradizione del francescanesimo e di inserirla nel cli­ma di riforma religiosa allora assai vivo.
Già nel 1540, ad opera dei Cap­puccini della provincia di Basilicata e Salerno, furono iniziate le pratiche per la realizzazione dell'opera: un certo Nunziante Faraldo acquistò da diversi proprietari il terreno per 27 ducati, ma i lavori non poterono ini­ziare a causa di una vertenza sorta immediatamente tra la provincia di Basilicata e quella di Napoli: entram­be, infatti, accampavano diritti sui conventi del Salernitano. La questio­ne fu risolta dal capitolo generale riu­nitosi a Roma nel 1568 che decise di dividere la zona contesa, assegnando ai Cappuccini di Napoli il convento di Cava e il nostro, e lasciando gli altri, tra cui Salemo, Castiglione e Montecorvino, alla Basilicata.
Così, in breve tempo, col contribu­to finanziario di diversi devoti, fu eretto quello che sarebbe diventato un centro fiorente di fede, di apostolato, di cultura e di arte. Nel­l'inchiesta sullo stato dei conventi dei Cappuccini. nel 1650, si legge. tra l'al­tro: "Il convento intitolato Santa Ma­ria de' Monti sta situato in un montetto distante dal casale della Penta cento passi incirca, e dal casale di Fisciano da trenta passi incirca; non possiede entrate perpetue né temporali, né altra proprietà di beni stabili. V'abitano di famiglia sette sacerdoti, due chieri­ci, quattro laici professi, si sostentano d'elemosine somministrate dalla pie­tà di popoli e casali circonvicini. Non tiene hospitii, non ha alcuno peso di messe o di anniversari perpetui o temporali, non ha debiti di alcuna sorte".

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Dall' alto del" montetto" tutto ricoperto da ulivi, il convento offre la sua immagine suggestiva e severa a gran parte della valle e si avanza, come vertice di un triangolo, all' estremità di un'area di alto valore paesaggistico e storico. La base della figura è rappresentata dalla strada panoramica che unisce Fisciano a Gaiano e gli altri due angoli dall'Isolella e dai ruderi di San Sossio.
E' l'Isolella il cuore antico della frazione capoluogo. Vi si conservano tracce straordinarie di tecniche costruttive che risalgono sicuramen­te a secoli assai lontani: archi di soste­gno che si susseguono a reggere le abitazioni, solai in legno, pilastri in pietra incassati nelle mura, formano una tipologia edilizia che meritereb­be di essere studiata da qualche esper­to. Più in là le case dei "signori" mo­strano portali ornamentali, stemmi gentilizi. affreschi, proporzionati cor­tili su cui guardano facciate rese su­perbe da loggiati con archi sovrapposti. All' altra estremità del rione il monastero delle Carmelitane continua, ormai da oltre tre secoli, la sua vocazione di preghiera e di silen­zio.
I ruderi di San Sossio, invece, rap­presentano forse quanto resta del più antico centro religioso della nostra zona. Lo fanno pensare le dimensioni ridotte della chiesa e la pietra locale usata per la costruzione, mentre alcu­ni avanzi di mura esterne e l'invaso di una cisterna suggeriscono la presen­za sul luogo di un insediamento mo­nastico. Non è azzardato pensare che sia anteriore all’anno mille, dal mo­mento che il culto di San Sossio, dia­cono della chiesa di Miseno e compa­gno nel martirio a San Gennaro, varcò ben presto i confini di Napoli dove nel 904 le reliquie del santo erano state traslate per essere venerate in­sieme a quelle di san Severino. A diffondere la fama dei due martiri fu decisiva l'opera di Giovanni diacono, storico fondamentale della Chiesa altomedievale napoletana vissuto tra nono e decimo secolo, e autore di una Traslatio sancti Sossii e di una Traslatio sancti Severini. E' solo un caso se que­sti due santi sono stati venerati en­trambi, in epoche ormai lontane, an­che nel nostro circondario?

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E ora, perché quest'articolo non appaia incompleto e anche un po' bugiardo, qualche amara riflessione sul presente. Troppo grande è il diva­rio tra i valori che il passato ci affida e il degrado a cui li condanna l'operato di uomini "a mal più ch'a bene usi". Ecco qualche esempio. All'Isolella, quattordici anni dopo il terremoto, la ricostruzione o non c'è stata o ha fatto più danni del sisma, come quando ha sostituito gli archi di un palazzo con orrendi finestroni in alluminio anodizzato. Per il convento il piano di recupero previde opportunamente un intervento di restauro e risanamento e una destinazione d'uso a centro polifunzionale di attrezzature a scala territoriale. Ma questo dovette sem­brare davvero troppo e così in un consiglio comunale di qualche anno fa fu proposta di soppiatto una modi­fica del piano per permettere una al­legra ristrutturazione e consentirne la trasformazione in albergo. L'irre­sponsabile proposito non andò in porto solo perchè qualche consigliere volle vederci più chiaro e, svanita così la possibilità di una approvazione unanime - sempre auspicabile per si­mili pateracchi -, la proposta fu ritira­ta. Nel frattempo anche gli affreschi del Ricciardi sono andati in rovina, ma ciò non turba il sonno di nessuno dal momento che il patrimonio pitto­rico di Fisciano (che è notevolissimo e va da Andrea Sabatini allo Scacco, al Solimene, allo stesso Ricciardi) è per il 90% o non fruibile o trasferito altro­ve. Pro Loco, se ci sei batti un colpo. E San Sossio? E' quasi sepolto da alti cumuli di detriti edilizi. Speriamo che venga un giorno in cui non ai tesori di Fisciano ma all'in-cultura dei suoi dis­-amministratori sia comminata la damnatio memoriae.

05 novembre 2005

Il convento dei Padri Cappuccini di Penta e i versi di Rocco Galdieri














Sul clivo, in mezzo ai folti ulivi, posa
del vetusto convento la gran mole,
che, ne la lieve sua tinta di rosa,
fra i grigi ulivi, spicca, bella, al Sole.

Quando sorride april, qualche amorosa
canzon vi giunge, fusa a le carole
de i passeri; ma ne la tenebrosa
stagio, s'addorme, e misteriose fole

va, per le celle, raccontando il vento:
per quelle celle, ove, in un giorno, i frati
innalzavano preci al firmamento.

Un giorno!... ma, ora, vuota è la gran mole
del convento, che, rosea in tutti i lati,
fra i grigi ulivi, spicca bella al Sole.

Rocco Galdieri (1877-1923)

02 novembre 2005

Ogni anno il due novembre...

E' forte e sentita la tradizione di visitare in questi giorni i cimiteri, di ricordare anche i morti che non ci appartengono, di ripercorrere frammenti di vita, vissuta con chi non è più fra noi.
Ma da qualche tempo c'è anche un'altra tradizione, che, se mi è consentito, definirei meno nobile.
Ogni anno, il due novembre, un manifesto alle porte dei cimiteri del comune di Fisciano ci aggiorna sulle iniziative dell'amministrazione per ampliarli e adeguarli.
Il due novembre 2002 veniva pubblicizzato il progetto.
Il due novembre 2003 il nuovo bando per la vendita dei loculi e dei suoli per cappelle e tombe.
Il due novembre 2004 lo studio di fattibilità del "restyling" del cimitero di Lancusi (vedi
qui).
Ero convinto che quest'anno non sarebbe successo. Mi sbagliavo. Il due novembre 2005 una carta, quasi timida e un po' vergognosetta, alle porte dei cimiteri ci informa che è stata "avviata" la procedura d'appalto dei lavori (lo era già stata il 13 aprile come puoi leggere
qui). Poi aggiunge che chi ha fatto la domanda avrà una comunicazione (dopo due anni!...) e chi non l'ha fatta la può ancora fare (entro? e chi lo sa; quando è stato rinnovato il bando? boh;). Nel frattempo, (questo non sta scritto, ma lo vedono tutti) tutto è fermo, nulla succede, e c'è chi è convinto di poter continuare a sfruttare i morti e a prendere in giro i vivi.
Scusate se mi sono lasciato prendere da un po' di santa indignazione. Torniamo ai fatti e cerchiamo di vedere la vera ragione del ritardo, che altrimenti sarebbe inspiegabile, considerato che le opere di cui si parla in buona parte si finanziano da sole con la vendita dei suoli.
E la ragione è la seguente. Si è deciso di far partire insieme i lavori a Fisciano e a Lancusi (e forse è anche giusto) ma si è sovradimensionato il bisogno di Fisciano fino a prevedere un numero di loculi (744), tombe di famiglia (206) e cappelle gentilizie (69) maggiore di quello degli
abitanti (742). Anche a voler considerare un bacino più vasto, inserendovi le frazioni limitrofe, siamo in ogni caso al di sopra delle necessità, tant'è vero che le domande sono state inferiori al previsto ed è stata così messa in crisi l'intera progettazione.
Vedremo porre la prima pietra di queste opere, così care al cuore di tanti di noi, almeno qualche mese prima della fine prossima di questa amministrazione?
Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri.