18 gennaio 2007

Il costo della democrazia

Oltre 196 milioni di euro il rimborso elettorale ai partiti nel 2005, oltre 90 i contributi ai gruppi parlamentari, 167 la retribuzione dei parlamentari, 154 quella dei consiglieri regionali, oltre 200 per gli amministratori locali, quasi 1000 (sempre di milioni di euro) per incarichi e consulenze.
Sono solo alcuni dei dati riportati nell'aureo libretto scritto a quattro mani da Cesare Salvi e Massimo Villone, professori di diritto e senatori della Repubblica. Il costo complessivo di quella che gli autori definiscono "la più grande azienda pubblica italiana: Politica S.p.A.", grazie alla quale il mandato elettivo sta diventando una nuova forma di lavoro dipendente, ammonta a più di tre miliardi di euro.
Ed è solo la punta dell'iceberg. Occorre aggiungere "gli amici degli amici", quasi 300.000 persone, tra collaboratori, consulenti, dirigenti di società miste, vere e proprie "strutture parallele che aprono nuove e feconde prospettive all'uso clientelare del potere". Ed ecco che il costo totale di questo esercito, che i cittadini pagano con le loro tasse senza ricevere alcun beneficio, raddoppia d'incanto.
Il libro non si limita a riportare dei dati, ma analizza le cause di questo degrado della politica, suggerisce rimedi, avanza proposte. Soprattutto "vuole dare un contributo al rinnovamento necessario e chiede che sia protagonista la sinistra", alla quale ricorda, citando Mario Pirani, la "tradizione più che secolare di buona amministrazione caratterizzata dal disinteresse personale degli uomini e delle donne chiamate a rappresentarla" e, aggiungo io, dal sacrificio di alcuni e dall'eroismo di altri.
"Serve, insieme, una riforma delle regole, e una riforma della pratica politica: una nuova intransigenza nei rapporti tra etica e politica che vuol dire anzitutto nuovi comportamenti, una nuova consapevolezza dei rischi che la democrazia corre se non si inverte la rotta". (come non leggere in queste parole l'eco della preoccupazione espressa in anni ormai lontani da Enrico Berlinguer sulla "questione morale" come questione centrale della società e della politica italiana?).
Fare politica deve tornare a significare quella che è la sua ragion d'essere, la ragione dell'antico suo nascere nella storia degli uomini, la sua nobiltà: "far valere le proprie idee e difendere un punto di vista sociale". Solo questo e non altro. Un libro insomma da leggere, da meditare, ma soprattutto da mettere in pratica.

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