Riporto oggi un mio articolo pubblicato nel 1994 sul periodico "La Rinascita della Valle". Riguarda la storia di palazzo Barra in Lancusi, ritornato d'attualità coi lavori di recupero a cura dell'Università che dovrebbero iniziare a breve. Il disegno a fianco riprodotto è di Giovanni Sica.
Palazzo Barra: Una storia inedita
Estratto da: "LA RINASCITA DELLA VALLE" Anno II – N° 5 - Maggio 1994
E' noto a tutti - autorevoli studi lo hanno documentato - che il palazzo Barra, ubicato al centro di Lancusi, fu sede di una importante fabbrica d'armi dipendente dal Ministro della Guerra borbonico e attiva nella prima metà del secolo scorso. Non di questo allora occorre parlare, ma di una storia più antica, la quale, benchè tuttora sconosciuta, riposa in vecchi libri ingialliti e in polverosi documenti cartacei, in attesa paziente che qualche laureando, incoraggiato magari dall'Università e dall'ente locale, la riporti in vita, dandole spessore scientifico e facendola diventare patrimonio di tutti. Nel frattempo, rileggiamone insieme qualche frammento
Nel dizionario geografico del Giustiniani (1806) troviamo due informazioni interessanti dalle quali possiamo partire: 1) Il casale di Lancusi, pur essendo unito allo Stato di San Severino, formava una baronia separata, vale a dire un feudo a sé stante; 2) In detto casale era nato Giovanni Caracciolo, padre dell' allora principe di Avellino. Si può concludere che i Caracciolo erano feudatari "anche" di Lancusi? Procediamo con ulteriori riscontri. Nella Storia di Avellino dello Scandone leggiamo: "Il principe Giovanni, secondogenito, nacque a Lancusi il 4 sett. 1741. Pervenne al principato per espressa volontà del fratello maggiore, che, privo di eredi maschi, desidera va che titoli e beni fossero conservati da casa Caracciolo" (p. 119). E, poco sopra, alle pagine 111 e 112, a proposito del nonno di Giovanni, Francesco Marino II, si afferma che costui nel 1723, di ritorno dalla corte di Vienna, "ordinò che si celebrassero feste grandiose, addirittura sbalorditive nei vari centri dei suoi feudi, come a Lancusi, ove preferiva dimorare talora nel suo splendido palazzo; in Lancusi fece erigere un albero della cuccagna, coronato da molti commestibili, e costruire delle fontane che davano getti di vino".
Ma chi ci dice che il palazzo di cui parla lo Scandone sia poi proprio quello di cui ci stiamo interessando? Altre notizie vengono a confermarci in questa ipotesi. La prima la ricaviamo da un incartamento conservato presso l'archivio di Stato di Napoli, Sezione Militare, e risalente al 1856, nel quale, a proposito di una vertenza di confine sorta tra la direzione della fabbrica e il proprietario di un vicino caseggiato, si parla dell'esistenza di “una saletta d'ingresso secondario all' epoca che il fabbricato si apparteneva al Principe di Avellino i cui ruderi furono abbattuti nella esecuzione delle generali riduzioni praticate allo stabilimento nel 1853". La seconda dal Catasto del 1756 che nel volume relativo a Lancusi registra la presenza di un artigiano con la sua bottega in un "1oca1e terraneo" che dava sulla pubblica piazza e che era parte del palazzo di proprietà della stessa famiglia Caracciolo.
Confortati da questi dati inequivocabili, procediamo a ritroso tra i vari fondi archivistici dove venivano registrati intestazione e passaggi di feudi da un possessore all’altro. E' possibile così risalire fino a Camillo Caracciolo che, già intestatario del feudo di Sanseverino dal 1596, il 7 marzo 1608 acquista per 11.100 ducati dal consigliere Scipione De Curte il "casale Lancusiorum cum eius castro fortellitiis, vaxallis, introitibus, iuribus, iurisditionibus". Il De Curte era forse un borghese che, nell'incipiente crisi del XVII secolo, tentava qualche affare vendendo e comprando beni feudali, o, più probabilmente, già agiva per conto dei principi di Avellino, interessati a espandere i propri domini su terreni adatti alla produzione di grano. Infatti, solo quattro anni prima, il 7 aprile 1604, aveva acquistato da Ettore De Ruggerio, esponente della nobiltà salernitana, per 11.000 ducati, il medesimo “casale Lancusiorum cum eius castro ecc.", vale a dire col suo palazzo fortificato, le sue rendite e i connessi diritti feudali. Non furono facili i primi rapporti fra gli abitanti di Lancusi e i nuovi signori, intenzionati ad evocare a sé parte del demanio regio, fino ad allora destinato ad usi civici.
Presso la Regia Camera della Sommaria, gli "eletti" del casale, rappresentati da Franciscus Antonius Clara (negli atti ufficiali si usava ancora il latino), citarono il principe, chiedendo la restituzione delle loro terre, ma furono costretti a riscattarle pagandone il prezzo richiesto dal Caracciolo (1609). Erano anni in cui la potenza del baronaggio meridionale non aveva più freni. Il governo spagnolo, nel suo disperato bisogno di denaro, si appoggiava al gruppo sociale più forte e compatto, ne ampliava i poteri e ne veniva spesso fortemente ricattato.
Ma è tempo di riprendere il nostro cammino, per una brevissima sosta alle ultime tappe. I De Ruggiero sono regolarmente registrati come feudatari del casale per tutto il XVI secolo: la più antica attestazione dell' esistenza del palazzo è del 1596, quando il "castello delli Lancusi" passa in successione ereditaria da Geronimo al figlio Ettore; la più antica attestazione del casale come possesso feudale è invece del20 aprile 1515, allorchè viene registrato il suo passaggio da Felice de Ruggiero al figlio Giovanni.
Proviamo a trarre qualche conclusione, sperando di essere riusciti a riportare le notizie in nostro possesso nel modo meno confuso possibile. Il casale di Lancusi ha una sua storia autonoma che appare abbastanza lineare, 'a partire almeno dal 1500. Baronia separata dello Stato di Sanseverino, non ha seguito le sorti di quel feudo, almeno fino al 1608: per tutto il XVI secolo, infatti, mentre Sanseverino, come è noto, passava, attraverso vicende burrascose, dai Sanseverino al Gonzaga, ai Carafa, ai Caracciolo, Lancusi restava tranquillo feudo dei De Ruggiero. Acquistato, come si è visto, anch'esso da Camillo Caracciolo, conservava una sua identità giuridica autonoma pur nella nuova situazione. E il "Palazzo", dal quale siamo partiti per questo excursus, rivela la sua vera antica natura: si tratta, come del resto già lascia intuire la sua particolare struttura architettonica, di un palazzo signorile, costruito, almeno nella sua forma primitiva, nel corso del XVI secolo. ,
A noi, cittadini di oggi, il compito di conservare un così illustre monumento-documento, salvandolo dall' irresponsabile abbandono in cui versa per l'affievolirsi della memoria e per l'incuria di molti.
Palazzo Barra: Una storia inedita
Estratto da: "LA RINASCITA DELLA VALLE" Anno II – N° 5 - Maggio 1994
E' noto a tutti - autorevoli studi lo hanno documentato - che il palazzo Barra, ubicato al centro di Lancusi, fu sede di una importante fabbrica d'armi dipendente dal Ministro della Guerra borbonico e attiva nella prima metà del secolo scorso. Non di questo allora occorre parlare, ma di una storia più antica, la quale, benchè tuttora sconosciuta, riposa in vecchi libri ingialliti e in polverosi documenti cartacei, in attesa paziente che qualche laureando, incoraggiato magari dall'Università e dall'ente locale, la riporti in vita, dandole spessore scientifico e facendola diventare patrimonio di tutti. Nel frattempo, rileggiamone insieme qualche frammento
Nel dizionario geografico del Giustiniani (1806) troviamo due informazioni interessanti dalle quali possiamo partire: 1) Il casale di Lancusi, pur essendo unito allo Stato di San Severino, formava una baronia separata, vale a dire un feudo a sé stante; 2) In detto casale era nato Giovanni Caracciolo, padre dell' allora principe di Avellino. Si può concludere che i Caracciolo erano feudatari "anche" di Lancusi? Procediamo con ulteriori riscontri. Nella Storia di Avellino dello Scandone leggiamo: "Il principe Giovanni, secondogenito, nacque a Lancusi il 4 sett. 1741. Pervenne al principato per espressa volontà del fratello maggiore, che, privo di eredi maschi, desidera va che titoli e beni fossero conservati da casa Caracciolo" (p. 119). E, poco sopra, alle pagine 111 e 112, a proposito del nonno di Giovanni, Francesco Marino II, si afferma che costui nel 1723, di ritorno dalla corte di Vienna, "ordinò che si celebrassero feste grandiose, addirittura sbalorditive nei vari centri dei suoi feudi, come a Lancusi, ove preferiva dimorare talora nel suo splendido palazzo; in Lancusi fece erigere un albero della cuccagna, coronato da molti commestibili, e costruire delle fontane che davano getti di vino".
Ma chi ci dice che il palazzo di cui parla lo Scandone sia poi proprio quello di cui ci stiamo interessando? Altre notizie vengono a confermarci in questa ipotesi. La prima la ricaviamo da un incartamento conservato presso l'archivio di Stato di Napoli, Sezione Militare, e risalente al 1856, nel quale, a proposito di una vertenza di confine sorta tra la direzione della fabbrica e il proprietario di un vicino caseggiato, si parla dell'esistenza di “una saletta d'ingresso secondario all' epoca che il fabbricato si apparteneva al Principe di Avellino i cui ruderi furono abbattuti nella esecuzione delle generali riduzioni praticate allo stabilimento nel 1853". La seconda dal Catasto del 1756 che nel volume relativo a Lancusi registra la presenza di un artigiano con la sua bottega in un "1oca1e terraneo" che dava sulla pubblica piazza e che era parte del palazzo di proprietà della stessa famiglia Caracciolo.
Confortati da questi dati inequivocabili, procediamo a ritroso tra i vari fondi archivistici dove venivano registrati intestazione e passaggi di feudi da un possessore all’altro. E' possibile così risalire fino a Camillo Caracciolo che, già intestatario del feudo di Sanseverino dal 1596, il 7 marzo 1608 acquista per 11.100 ducati dal consigliere Scipione De Curte il "casale Lancusiorum cum eius castro fortellitiis, vaxallis, introitibus, iuribus, iurisditionibus". Il De Curte era forse un borghese che, nell'incipiente crisi del XVII secolo, tentava qualche affare vendendo e comprando beni feudali, o, più probabilmente, già agiva per conto dei principi di Avellino, interessati a espandere i propri domini su terreni adatti alla produzione di grano. Infatti, solo quattro anni prima, il 7 aprile 1604, aveva acquistato da Ettore De Ruggerio, esponente della nobiltà salernitana, per 11.000 ducati, il medesimo “casale Lancusiorum cum eius castro ecc.", vale a dire col suo palazzo fortificato, le sue rendite e i connessi diritti feudali. Non furono facili i primi rapporti fra gli abitanti di Lancusi e i nuovi signori, intenzionati ad evocare a sé parte del demanio regio, fino ad allora destinato ad usi civici.
Presso la Regia Camera della Sommaria, gli "eletti" del casale, rappresentati da Franciscus Antonius Clara (negli atti ufficiali si usava ancora il latino), citarono il principe, chiedendo la restituzione delle loro terre, ma furono costretti a riscattarle pagandone il prezzo richiesto dal Caracciolo (1609). Erano anni in cui la potenza del baronaggio meridionale non aveva più freni. Il governo spagnolo, nel suo disperato bisogno di denaro, si appoggiava al gruppo sociale più forte e compatto, ne ampliava i poteri e ne veniva spesso fortemente ricattato.
Ma è tempo di riprendere il nostro cammino, per una brevissima sosta alle ultime tappe. I De Ruggiero sono regolarmente registrati come feudatari del casale per tutto il XVI secolo: la più antica attestazione dell' esistenza del palazzo è del 1596, quando il "castello delli Lancusi" passa in successione ereditaria da Geronimo al figlio Ettore; la più antica attestazione del casale come possesso feudale è invece del20 aprile 1515, allorchè viene registrato il suo passaggio da Felice de Ruggiero al figlio Giovanni.
Proviamo a trarre qualche conclusione, sperando di essere riusciti a riportare le notizie in nostro possesso nel modo meno confuso possibile. Il casale di Lancusi ha una sua storia autonoma che appare abbastanza lineare, 'a partire almeno dal 1500. Baronia separata dello Stato di Sanseverino, non ha seguito le sorti di quel feudo, almeno fino al 1608: per tutto il XVI secolo, infatti, mentre Sanseverino, come è noto, passava, attraverso vicende burrascose, dai Sanseverino al Gonzaga, ai Carafa, ai Caracciolo, Lancusi restava tranquillo feudo dei De Ruggiero. Acquistato, come si è visto, anch'esso da Camillo Caracciolo, conservava una sua identità giuridica autonoma pur nella nuova situazione. E il "Palazzo", dal quale siamo partiti per questo excursus, rivela la sua vera antica natura: si tratta, come del resto già lascia intuire la sua particolare struttura architettonica, di un palazzo signorile, costruito, almeno nella sua forma primitiva, nel corso del XVI secolo. ,
A noi, cittadini di oggi, il compito di conservare un così illustre monumento-documento, salvandolo dall' irresponsabile abbandono in cui versa per l'affievolirsi della memoria e per l'incuria di molti.
3 commenti:
Per me che ci sono nato, e che ne ho vissuto anche sulla pelle la decadenza, palazzo Barra resta il simbolo di Lancusi.
Il posto che più amo e dove puntualmente ogni anno, quando ritorno ormai da forestiero, passo, mi fermo e rivedo il mio paese e le mie origini.
E rivedo anche i giorni in cui io e Diego Landi scarrozzavamo per le stradine di Napoli e ci intrufolavamo nei vari archivi storici, in cerca di notizie sul nostro paese.
In bocca al lupo professore, Fisciano ha bisogno di te!
Grazie!
Anche perché con le tue parole hai fatto rinascere davanti ai miei occhi i miei anni lontani,
perché mi hai fatto capire, da vero lancusano, benché "forestiero", che sono sulla strada giusta,
perché mi hai dato la carica per quello che dirò stasera all'inaugurazione della sede del comitato, al parcheggio di via tenente Nastri, nei locali dell'ex palestra.
un mio avo nel 1785 circa ci lavorava come maestro piastrinaro...felice papa..riposa in pace..
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